Veicolando un messaggio politico dal sapore nettamente pro-russo e su di una posizione chiaramente anti-americana, il partito di sinistra Smer-Sd, guidato dall’ex premier Robert Fico, ha siglato una rimonta davvero importante rispetto ai sondaggi e si è aggiudicato la vittoria alle elezioni parlamentari slovacche.
Considerando i temi sul tavolo e i toni assunti durante la campagna elettorale, era chiaro che questa tornata di voto venisse osservata con molta attenzione dai partner europei. La Slovacchia è paese membro dell’Ue e della Nato, e dunque, un suo sbilanciamento verso la sponda filorussa lascia presagire l’apertura di un’ulteriore crepa nel fronte di sostegno all’Ucraina nella guerra contro la Federazione.
A testimonianza dell’importanza di questo voto anche la sensibilità del corpo elettorale. In un paese di poco più di 5 milioni di abitanti, circa il 67,4% degli aventi diritto si è recato alle urne per esprimere il proprio parere in una contesa politica che si è giocata molto sui temi della politica estera.
Il partito dell’ex premier ha raccolto il 23% dei consensi, superando la formazione politica Slovacchia progressista che ha invece ottenuto il 18% dei suffragi. Consapevole del risultato fuoriuscito dallo spoglio, il leader del partito liberale centrista PS arrivato secondo sul podio, Michel Simecka, ha rivendicato la sua intenzione di impedire all’avversario di formare una coalizione di governo che possa formulare un indirizzo politico chiaramente filorusso, pur riconoscendo la legittimità della vittoria alla controparte. “Abbiamo ottenuto il 18% dei voti, i voti di mezzo milione di slovacchi. Siamo il secondo più forte partito nel Consiglio nazionale. Rispettiamo la vittoria, ma è una cattiva notizia per il Paese e peggiore sarebbe se Fico riuscisse a formare il governo. Nostro obiettivo è che questo non accada”, queste le parole di Simecka rilasciate a margine dello spoglio all’emittente televisiva slovacca Ta3.
La strada per la formazione del governo non sarà sicuramente semplice per il già 3 volte premier, Robert Fico, che nella sua ultima esperienza alla guida del paese nel 2018 fu costretto a rassegnare le dimissioni per le feroci proteste di piazza che scaturirono in seguito all’assassinio del giornalista d’inchiesta Jan Kuciak e della sua fidanzata.
Nella sostanza, dunque, quello deliberato dalle urne in Slovacchia è un risultato che porta il paese in un ritorno al passato più volte vissuto. E’ da sottolineare che il volto mostrato da Fico durante questa campagna elettorale appare molto diverso da quello che gli elettori avevano visto qualche anno fa. Infatti, proprio l’ex comunista ha contribuito in maniera determinante a portare il suo paese nel contesto europeo, sposando la causa della necessità di costruire un destino comune in una prospettiva filo-occidentale. Tanto è vero che la Slovacchia rientra anche tra i 20 paesi che hanno adottato la moneta unica.
Nettamente diverso il leader che veste i panni del populismo e che ha guidato il suo partito alla vittoria in questa tornata per la conquista degli scranni del Consiglio nazionale. La narrazione della campagna elettorale è stata condotta su di una linea di frattura rispetto alla politica generale assunta in Europa. Contrario all’invio di armi per sostenere l’Ucraina contro la Russia; assolutamente critico rispetto alla politica delle sanzioni anti-russe portata avanti all’indomani dell’invasione; spesso e volentieri molto duro verso i diritti della minoranza Lgbt nel suo paese; in continua polemica con la presidente della Repubblica Zuzana Caputova, più volte accusata di essere un vero e proprio agente sopra il libro paga di George Soros.
Tuttavia, nonostante la vittoria, il compito di formare il governo non sarà agevole per il leader populista di Smer-Sd. Infatti, i numeri ottenuti come percentuale di consensi si trasformeranno in un bottino in termini di seggi che necessiterà di uno o più alleati per formare una maggioranza stabile al Consiglio nazionale. La prospettiva è dunque quella di un governo di colazione. A soccorrere Fico in questo arduo compito potrebbe essere in primis il partito Hlas-Sd del premier uscente Peter Pellegrini, alla guida di un contingente politico nato da una costola dello Smer-Sd e che si è affermato a questa tornata elettorale come terzo partito. A seguire, un’altra componente a sostegno del progetto di governo di Fico potrebbe esserci SnS, il Partito Nazionale Slovacco guidato dal leader Ján Slota.
Ragionando in termini di scranni in Parlamento, Smer-Sd avrà a disposizione ben 42 seggi all’assemblea rappresentativa di Bratislava, su di un totale di 150 membri. Con 27 rappresentanti il partito di Pellegrini sarebbe il partner ideale per costruire una maggioranza che possa sostenere la nascita del nuovo esecutivo, che sarebbe il quarto della storia della Repubblica slovacca con alla guida Robert Fico.
Il premier uscente ha pubblicamente dichiarato la sua contrarietà ad una ipotesi di essere in maggioranza con un ex primo ministro e a maggior ragione considerando di essere stato il suo successore proprio in occasione delle dimissioni a cui Fico fu costretto nel 2018. Tuttavia, quella del leader dell’Hlas-Sd non è stata una vera e propria chiusura, lasciando intendere che la porta è comunque aperta ad un eventuale discorso di coalizione.
Qualora ai due partiti degli ex premier dovesse unirsi anche il Partito Nazionale Slovacco, con cui Fico è già stato alleato in passato, che dovrebbe ottenere 10 seggi, a quel punto i giochi sarebbero fatti, giacché, il leader di Smer-Sd potrebbe contare su di una maggioranza parlamentare di 79 seggi.
Nel Parlamento di Bratislava siederà anche un altro ex premier, Igor Matovic, in carica nel 2020-2021, presentatosi al corpo elettorale alla guida di una coalizione di tre partiti, dando vita al contingente politico centrista Olano e che ha raccolto nelle urne un consenso tale da aggiudicarsi circa 16 seggi. Prenderanno posto tra gli scranni dell’assemblea rappresentativa slovacca anche i centristi cristiano-democratici e il partito di destra Sas che hanno raccolto una percentuale di consensi tale da ottenere seggi in parlamento.
Al trionfo del populismo filo-russo e anti-americano che si è fatto strada alle elezioni politiche nazionali slovacche ha brindato in primis Victor Orban, il presidente ungherese che adesso vede all’orizzonte una sponda importante in Fico per allargare ancora di più la crepa nel progetto europeo a sostegno dell’Ucraina.
Tuttavia, molti analisti, pur consapevoli e allertati dalla vittoria di un partito che propone una narrativa russofona e spaventati da una prospettiva di coesione con la visione politica di Orban, sanno molto bene che il consenso di cui gode il neo vincitore a Bratislava non è solido e indipendente come quello del suo omologo a Budapest.
Tanto è vero che il partito di Fico avrà bisogno di uno e più alleati per far partire la legislatura, e inoltre, c’è da considerare che proprio all’interno dello Smer-sd esistono voci dissonanti rispetto alla retorica oltranzista filorussa su cui si è posizionato il leader.
Uomini d’affari molto impegnati a sostenere progetti per la ricostruzione dell’Ucraina potrebbero condizionare non poco il raggio d’azione appannaggio del futuro primo ministro slovacco, allontanandolo dall’influenza ungherese e costringendolo ad agire entro un orizzonte territoriale più limitato, magari anche rinnegando qualche tema promosso durante la campagna elettorale.
Del resto si sa, governare non è come stare all’opposizione. E forse, talvolta, gli interessi economici potrebbero essere buoni consiglieri circa le scelte politiche. Almeno per chi in Europa spera che il muro anti Mosca sia sempre più solido.