Nel segno del Green Deal europeo. Il Parlamento di Strasburgo approva la “Nature Restoration Law”

Ph. Nicole Giordano per Istituzioni24

La storia della “legge sul ripristino della natura” affonda le sue radici nel 22 giugno 2022, data in cui la Commissione europea presenta un quadro di proposte di regolamento che si pongono quali pionieristiche, allo scopo di ripristinare gli ecosistemi danneggiati e riportare la natura in tutta Europa, partendo dai terreni agricoli e i mari, passando per le foreste e fino agli spazi verdi negli ambienti urbani.

La necessità avvertita dai tecnici dei palazzi di Bruxelles, trainati dalla spinta delle lobby ambientaliste molto attive attorno all’universo istituzionale europeo, è quella di puntare al ripristino degli ecosistemi in misura pari ad almeno il 20% delle superfici terrestri e marine dell’Ue entro l’anno 2030.

Un secondo traguardo temporale guarda invece al 2050, anno in cui il ripristino degli ecosistemi degradati dovrebbe coprire in generale tutti i territori che necessitano di essere recuperati.

Dopo il dibattito dello scorso martedì 11 luglio 2023 tenutosi nella riunione plenaria del Parlamento Europeo, nella giornata di ieri i deputati hanno adottato la loro posizione negoziale nei confronti della proposta di “legge europea sul ripristino della natura”. In termini numerici: 336 sono stati i voti favorevoli, 300 quelli contrari, mentre 13 sono stati i deputati che si sono astenuti dal voto.

La battaglia per la difesa dell’ambiente, in quello che è stato battezzato come Green Deal europeo, intende guardare al futuro del pianeta in una prospettiva sostenibile. In primo luogo, tenendo conto degli effetti dei cambiamenti climatici; in secondo luogo, per tutelare gli habitat naturali dal fenomeno incombente della perdita di biodiversità; terzo e non per questo ultimo in ordine di importanza, la necessità di ridurre i rischi per la sicurezza alimentare legati ai cambiamenti ambientali, un tema che trascina con sé inevitabilmente il benessere e la salute dei cittadini.

La politica di tutela dell’ambiente portata avanti sempre più convintamente dalle istituzioni europee, risponde anche agli impegni internazionali sanciti dall’Ue con i suoi partner ed in particolare quelli indicati nel quadro globale sulla biodiversità delle Nazioni Unite di Kunming-Montreal.

Un aspetto concettuale molto importante chiarito dalla Commissione Ue nella sua attività di proposta, è quello secondo il quale le aree che saranno oggetto di ripristino non diventeranno necessariamente aree protette, in quanto, la missione del recupero dell’habitat naturale non precluderà il legittimo svolgimento dell’attività economica. In sostanza, il ripristino, così come inteso nel disegno riformatore dei commissari Ue ed accolto quest’oggi dal Parlamento Europeo, consiste nel vivere e produrre insieme alla natura, riportando una maggiore biodiversità ovunque, anche nelle zone in cui si svolge un’attività economica, come ad esempio le foreste gestite, i terreni agricoli e le città.

Investire in questa imponente operazione di ripristino degli habitat, apporta un valore economico compreso tra 8 e 38 euro per ogni 1 euro speso.

Nella proposta della Commissione, votata ieri nella camera rappresentativa degli Stati membri, si dà la massima priorità agli ecosistemi con maggiore potenziale di rimozione e stoccaggio del carbonio e di prevenzione o riduzione dell’impatto delle catastrofi naturali, quali ad esempio, le inondazioni di cui soffre anche il nostro Bel Paese.

In soldoni, la prospettiva di finanziamento di questo ingente piano d’azione si aggira intorno ai 100 miliardi di euro, destinati all’opera di ripristino degli habitat e recupero della biodiversità.

Nel concreto, gli obiettivi proposti definiscono un quadro d’intervento ambizioso, e prevedono:

  • entro il 2030, fermare il declino delle popolazioni di impollinatori ed invertire la rotta, puntando ad una crescita in termini numerici di queste specie animali così importanti per gli equilibri del nostro ecosistema;
  • entro il 2030, nessuna perdita netta di spazi verdi urbani, puntando ad un incremento del 5% entro il 2050. Inoltre, si stabilisce il limite minimo del 10% della copertura arborea in ogni città europea, piccola o grande che sia, comprese le periferie. Infine, gli spazi verdi dovranno aumentare anche all’interno degli edifici e delle infrastrutture;
  • in particolare all’interno degli ecosistemi agricoli, un incremento complessivo della biodiversità e una tendenza positiva per le farfalle comuni, l’avifauna nelle aree agricole, il carbonio organico nei suoli minerali coltivati e gli elementi caratteristici del paesaggio ad alta diversità sui terreni agricoli;
  • il ripristino e la riumidificazione delle torbiere drenate a uso agricolo e nei siti di estrazione della torba;
  • in particolare negli ecosistemi forestali, l’incremento complessivo della biodiversità e una tendenza positiva per ciò che concerne la connettività delle foreste, il legno morto, la percentuale di foreste disetanee, l’avifauna forestale e le riserve di carbonio organico;
  • il ripristino degli habitat naturali marini, quali le colture marine e i fondali di sedimenti, insieme al ripristino degli habitat di specie marine emblematiche come delfini e focene, fino agli squali e gli uccelli marini;
  • la rimozione delle barriere fluviali, in modo tale che almeno 25.000 km di fiumi siano trasformati in corsi d’acqua a flusso libero entro il 2030.

Dopo il via libera del Parlamento di Strasburgo, l’iter istituzionale prevede ora il passaggio al Consiglio dell’Ue, nella sua versione Consiglio Affari Ambiente, dove a discutere sul testo passato al vaglio dei deputati, saranno i ministri competenti per materia degli Stati membri dell’Ue. In questo importante frangente, sarà di nuovo coinvolta anche la Commissione Ue, in una fitta trama di negoziati che daranno vita al c.d. trilogo, prima che l’accordo possa diventare Regolamento.

Il dibattito sulla Legge per il ripristino della natura incontra ovviamente i favori della associazioni ambientaliste, ma nello stesso tempo ha scontentato non poco gli operatori del settore agricolo. Nello stesso tempo, anche i gruppi politici all’interno del Parlamento Ue hanno fatto registrare pareri discordanti che si sono trasformati in vere e proprie fratture.

Eloquente in tal senso, il tentativo del Partito Popolare europeo di bloccare l’approvazione del testo cercando una sponda nel Partito Liberale, a sua volta diviso internamente tra opposti schieramenti. Nella giornata di martedì il capogruppo, nonché presidente dei Popolari europei, Manfred Weber, aveva dichiarato che il suo contingente politico avrebbe ascoltato la voce di tutte le parti interessate, ossia, “di chi ci chiede di essere impegnati sulla biodiversità e di chi ha preoccupazioni riguardo lo sviluppo rurale e gli agricoltori”.

Il capogruppo di Renew Europe, Stephane Sejourné, ha chiarito la disponibilità dei liberali a cercare un compromesso sulla posizione negoziale del Consiglio Ue e non invece su quella espressa dalla Commissione Ue, ma nello stesso tempo ha ammesso la spaccatura interna al suo gruppo e che si sostanzia in una proporzione che vede il 70% favorevole alla posizione negoziale, mentre il 30% contrario.

Molto critica nei confronti dell’atteggiamento di chiusura messo in atto dal Partito più numeroso all’interno della Camera di Strasburgo, la co-presidente del gruppo dei Verdi, Terry Reintke, la quale ha invitato il Partito Popolare europeo a non abbandonare il tavolo del negoziato, paragonando la riottosità del gruppo guidato da Weber, alla stregua dei gruppi di estrema destra.

Per il capogruppo dei Socialisti e Democratici, Iratxe García Pérez, anch’egli molto critico nei confronti della chiusura ermetica del Partito Popolare europeo, questo “è il momento di adottare un compromesso chiaro in difesa delle politiche di appoggio alla biodiversità, perché sono in pericolo gli agricoltori, l’economia e le giovani generazioni”.

A chiusura delle operazioni di voto, la sintesi politica del risultato ottenuto a Strasburgo è tutta nelle parole del relatore César Luena (SD, ES), il quale ha dichiarato: “La legge sul ripristino della natura è un elemento essenziale del Green Deal europeo e segue il consenso scientifico e le raccomandazioni per ripristinare gli ecosistemi europei. Gli agricoltori e i pescatori ne trarranno beneficio e garantisce una terra abitabile per le generazioni future. La nostra posizione adottata oggi invia un messaggio chiaro. Ora dobbiamo continuare il buon lavoro, difendere la nostra posizione durante i negoziati con gli Stati membri e raggiungere un accordo prima della fine del mandato di questo Parlamento per approvare il primo regolamento sul ripristino della natura nella storia dell’UE”.

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