Morto Arnaldo Forlani, ex presidente del Consiglio e segretario DC: aveva 97 anni

Ph. Ansa

A fine anno avrebbe compiuto 98 anni Arnaldo Forlani, ex presidente del Consiglio e segretario della DC: si è spento la scorsa notte nella sua abitazione romana. Nato a Pesaro nel 1925, studia a Urbino ed entra nel direttivo nazionale del suo partito, la Democrazia Cristiana, nel 1954, dopo alcuni anni da presidente della sezione provinciale di Pesaro. Appartenente alla corrente di Amintore Fanfani, ha ricoperto i massimi ruoli dello Stato italiano e della DC, della quale è stato anche segretario dal 1969 al 1973, e poi ancora dal 1989 al 1992. Nel 1980 si schierò, eleggendolo a segretario della DC, con Flaminio Piccoli, ponendo fine alle relazione della DC con PCI e aprendo viceversa a nuovo accordi col PSI, trovando l’opposizione, in minoranza, della sinistra democristiana e degli andreottiani. Diventato Presidente del Consiglio nel 1981, a guida di una coalizione DC-PSI-PSDI-PRI, riuscì a riportare l’unità all’interno dello Scudo Crociato, ma dovette fare i conti con difficili prove, come il referendum sull’aborto, il terrorismo, lo scandalo della loggia P2.

Quando fu eletto per la seconda volta segretario della DC, a lui spettò il duro compito di paciere tra il governo De Mita e il PSI di Craxi. Dopo il caso Palermo, infatti, in cui la DC si presentò alleata con i PCI anziché col PSI, Craxi ritirò la fiducia al governo: la mediazione di Forlani portò alla ricongiunzione tra le parti e alla nascita del sesto governo Andreotti. Venne alla luce il cosiddetto CAF, l’asse politico di spicco formato da Craxi, Andreotti e Forlani, che capeggerà fino al 1992. In quell’anno, infatti, iniziarono delle inchieste per Tangentopoli, che portò alla dissoluzione dei partiti della Prima Repubblica: alle elezioni del 1992, la DC perse parecchi consensi, Forlani fu tra i papabili al Quirinale ma fu ostacolato dal fuoco amico della DC stessa, gli scandali di Mani Pulite che colpirono la Balena Bianca resero necessarie le dimissioni da segretario di Forlani, che continuò non da protagonista la sua carriera da deputato, non riproponendosi alle elezioni del 1994. Fu infine condannato nel processo Enimont per due anni di carcere per finanziamento illecito, pena scontata poi ai servizi sociali ma mai accettata pienamente. Vari i soprannomi affibiatigli, come “coniglio mannaro” e la “tigre che dorme”.

Ci lascia uno degli uomini più influenti della Prima Repubblica, parlamentare dal 1958, protagonista indiscusso e figura di spicco del suo partito e della politica italiana. Tra i suoi allievi politici spicca Pier Ferdinando Casini, che lo ricorda: “Ha avuto grandi soddisfazioni nella sua vita pubblica e altrettante amarezze. Ha affrontato il tutto con una profonda fede cristiana e con una grande umanità. È forse l’ultimo dei grandi protagonisti della Democrazia Cristiana della Prima Repubblica, a cui dobbiamo dire grazie e addio”.

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