Le ipocrisie italiane ed il Venezuela di Maduro

I sostenitori italiani di Nicolas Maduro, presidente illegittimo del Venezuela, prima o poi dovranno spiegare come fa il primo paese al mondo per riserve di petrolio, che nel 2017 ha venduto 245.000 barili di petrolio agli Stati Uniti, ad essere in proporzione il Paese più povero del Sud America, con una contrazione del PIL del -18% nel 2018 e con la valuta venezuelana che nell’ultimo mese si è deprezzata di circa il 1731,31% rispetto al Dollaro (un dollaro Usa al momento vale 1.570,5844 Bolívar venezuelani).

A ciò si aggiunge la crisi umanitaria con l’esodo di un milione di venezuelani nei paesi limitrofi, una sanità al collasso, la mancanza di beni di prima necessità nei negozi. Perché accade ciò nonostante il paese abbia nell’oro nero il suo principale asset? La risposta è semplice: Nicolas Maduro attraverso l’implementazione di politiche economiche inefficaci ed esclusivamente assistenzialiste, ha fatto esplodere tutte le contraddizioni del chavismo trasformando il Venezuela in un narco-stato. Le royalties del petrolio sono destinate perlopiù a stipendiare i quadri del PSUV (il partito di governo) e l’amministrazione statale, ma soprattutto servono a tenersi buoni i generali dell’Esercito e la Guardia Nazionale Bolivariana, braccio armato del regime. La mancata diversificazione dell’economia, una politica monetaria dissennata, l’alto livello di corruzione, la mancanza di investimenti produttivi e le massicce statalizzazioni hanno aumentato la dipendenza del Venezuela dal petrolio quale unica fonte di entrata insieme al narcotraffico, dato che gli stessi capataz del regime sarebbero tra i maggior broker continentali del traffico di droga, secondo fonti del Dipartimento di Stato americano.

La catastrofe economica è stata accompagnata dalla svolta autoritaria secondo il profilo istituzionale: il Legislativo dell’Assemblea Nazionale ha visto vincere i partiti antichavisti alle elezioni del 2017. Ebbene l’esito di quell’elezione è stato invalidato con una decisione della Corte Suprema la quale, manovrata dall’Esecutivo, ha di fatto esautorato il Congresso. Per evitare che l’Assemblea lo sfiduci, allora nel 2018 l’ex autista di bus Maduro convoca un’Assemblea Costituente per riscrivere la Costituzione a suo piacimento. La Costituente, composta da esponenti del regime o vicini ad esso non riforma la Costituzione, ma impedisce ai principali partiti di opposizione (Volontà Popolare, Prima la Giustizia e Azione Democratica) di presentarsi alle presidenziali del 2018. Una farsa che ha visto Maduro vincere con un’affluenza di poco più del 40%. Elezioni, tra l’altro, non riconosciute dall’Onu e da numerosi Stati democratici ma considerate legittime da stati come Cina, Russia, Nord Corea, Turchia.

In Italia Lega e Movimento 5 Stelle sono divisi anche su questo tema di politica estera. Il M5S ha difeso più volte Maduro in passato e per la crisi attuale auspica un ineffabile ritorno ad un percorso democratico. Chiunque si dica un sincero democratico, rispettoso delle libertà fondamentali dovrebbe invece schierarsi con quel Juan Guaidò, giovane presidente del Congresso che in quanto seconda carica dello Stato, si è autoproclamato presidente ad-interim durante un’oceanica manifestazione di piazza dell’opposizione. Da sostenitore di questo governo auspico che il Movimento 5 Stelle possa accodarsi alla posizione del leader della Lega, Matteo Salvini, il quale con la schiettezza che gli appartiene ha descritto così l’attuale crisi venezuelana senza troppi bizantinismi colmi di imbarazzo ”Maduro affama il suo popolo, spero vada via”. Le sanzioni imposte da Trump si sono limitate a colpire la compravendita di bond venezuelani ed il commercio, non coinvolgendo l’export petrolifero del paese caraibico. Dal momento in cui si passerà al ”bloqueo” del petrolio del regime socialista, a quel punto le ore di Maduro saranno realmente contate.

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