Tarhuni (Ambasciatore libico in Italia):”Libia e Italia ripartano dal trattato di amicizia del 2008″

Omar Tarhuni, l’ambasciatore libico in Italia, pronuncia parole che appaiono positive sia in relazione ai rapporti con l’Italia che, soprattutto, in relazione ai rapporti interni al frastagliato quadro libico:“Rappresento tutta la Libia“, dichiara Tarhuni. Un modo per indicare il fatto che a Roma l’ambasciatore rappresenta l’intero Paese. Dunque, non solo Al Sarraj, ma anche Haftar, il Parlamento d Tobruk, l’Alto consiglio di Stato e tante altre parti che attualmente compongono il Paese africano. Una frase non di circostanza e non certamente scontata, alla luce delle difficoltà di un dialogo interno alla Libia che comunque va avanti in direzione della conferenza nazionale prevista a gennaio.

Nella sua intervista, rilasciata al quotidiano “La Stampa” in relazione ai rapporti con l’Italia, Tarhuni fa riferimento al trattato di amicizia firmato nel 2008. Anche in questo caso il passaggio non appare affatto scontato. Quel trattato risale al periodo del Rais, è forse la punta più alta dei rapporti bilaterali tra Italia e Libia. Nel 2008 al Governo  in Italia c’è Silvio Berlusconi, la firma di Bengasi rappresenta un punto cruciale delle relazioni tra le due sponde del Mediterraneo. La Libia di Gheddafi considera l’Italia come un Paese amico ed in procinto di chiudere i conti con il passato coloniale: in cambio del “grande gesto”, ossia la costruzione dell’autostrada dal confine tunisino a quello egiziano, Tripoli si impegna a lottare contro l’immigrazione ed a pagare i crediti vantati dalle aziende italiane che hanno operato in Libia. La guerra del 2011, voluta dal Premier francese Sarkocy ed il rovesciamento di Gheddafi bloccano tutto. Ma le attuali autorità tripoline vogliono ripartire dall’accordo firmato a Bengasi, quasi un’eredità rivendicata dall’era del colonnello ucciso nel 2011.

“Vogliamo ripartire dal trattato – dichiara Tarhuni – Vogliamo risolvere il problema dei crediti delle aziende italiane. L’ammontare del debito che rimane al netto di ciò che era stato ripagato con il Trattato di Amicizia, si aggira sopra i 230 milioni di euro. Sarà nostra priorità trovarne soluzione”. Il caso risale già da prima del trattato firmato a Bengasi. Come si può leggere dai diari pubblicati dall’ex ambasciatore Trupiano, già nel 2005 la ripresa della discussione sui debiti del governo libico appare tra gli elementi fondamentali per i rapporti tra Tripoli e Roma. Il fatto che Tarhuni citi espressamente il trattato di amicizia ed i debiti verso le aziende italiane, indicano il fatto che la Libia ha bisogno dell’esperienza italiana sul territorio e degli investimenti italiani per rilanciare l’economia.

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