“Penso che gli eventi attuali dovrebbero far perdere 0,1 punti di crescita della nostra ricchezza nazionale nell’ultimo trimestre” Così ha risposto Bruno Le Maire, Ministro dell’Economia della Repubblica Francese a chi gli chiedeva di commentare le proteste dei Gilet Jaunes.
La questione è tutta qui. Il progetto politico nato in laboratorio di En Marche del Presidente Emmanuel Macron ha solo superato il primo step di prove – quello elettorale delle scorse presidenziali – ai fini di un definitivo superamento della ormai obsoleta cesura destra-sinistra. Il moloch macroniano altro non è che un coagulo di interessi delle ”elites”, di chi vive nei quartieri “bene’” della grande metropoli parigina, di chi ha accesso ad un’ampia platea di servizi tra cui scegliere. Praticamente i beneficiari della globalizzazione. Un movimento post-ideologico che al primo turno nel 2017 ha preso appena il 24% del sostegno degli elettori e che senza una forza di base popolare deve giocoforza andare in contro a delle contraddizioni.
Contraddizioni che sono esplose: con le manifestazioni virulente di fasce di popolazione, tra i 20 e i 40 anni, disoccupati e lavoratori non specializzati che si trovano ad affrontare tutte le conseguenze della globalizzazione. Questi sono privi di un riferimento politico nel quale riconoscersi pienamente. Persone di estrema destra, estrema sinistra, astenuti, elettori troppo delusi dalla politica per affidare la propria insoddisfazione al Rassemblement National o alla France Insoumise ancora in parte ideologicamente connotati. Come ha avuto modo di ricordare pochi giorni fa il politologo Mauro Calise su Il Mattino, Beppe Grillo non aveva tutti i torti quando nel lontano 2013 affermava che senza la presenza di un partito di pura protesta come il Movimento 5 Stelle l’Italia sarebbe caduta in un vertice di violenza di piazza. A differenza della Francia, in Italia dal 4 marzo i gilet gialli nostrani, attraverso una coalizione ibrida ma con una matrice populista di fondo, sono andati al governo rappresentati dai Cinque Stelle e dalla nuova Lega nazionale di Matteo Salvini. In Francia l’esperimento è riuscito solo a metà con En Marche di Emmanuel Macron. Un partito ed un politico troppo legati all’attuale e tutt’altro che vecchia elite finanziaria, economica ma soprattutto politica.
Secondo un sondaggio IPSOS pubblicato dal Journal de Dimanche, un’eventuale lista elettorale dei Gilet Gialli potrebbe ottenere l’11% dei consensi. Il movimento è del tutto spontaneo, frammentato e privo al momento di capi riconosciuti. Il movimento di protesta sopravviverà solo se sarà in grado di diventare qualcos’altro con un’organizzazione strutturata. Al di là della la capacità o meno del Presidente Macron di intercettare il loro malcontento. L’apprendista Napoleone non può rinnegare la sua natura di ambientalista, rigorista sui conti pubblici per venire in contro alle rivendicazioni della Francia dimenticata, di lavoratori di ceto medio-basso con auto benzina o diesel e dei disoccupati. Può solamente permettersi di elargire qualche prebenda e concessione temporanea ai cahiers de doléances delle giubbe gialle della Francia dimenticata. I sommovimenti tellurici della politica nella Repubblica fondata dalla prima rivoluzione popolare – e populista se permettete – europea nel 1789 sono appena incominciati.